Dimmi che intestino hai e ti dirò chi sei

L’intestino non è solo il nostro “secondo cervello “ ma anche uno degli organi in grado di influenzare il nostro umore positivamente o negativamente, a seconda del suo stato di benessere . I sintomi sono il linguaggio che l’intestino utilizza per comunicare con te e ci danno la chiave di lettura per scoprire se il tuo è un intestino sensibile. La Sindrome dell’Intestino Irritabile (SII) o Irritable Bowel Syndrome (IBS) è un disturbo della funzione gastrointestinale che interessa un’alta percentuale della popolazione mondiale.

Coloro che soffrono di IBS possono sperimentare una grande varietà di sintomi: gonfiore, crampi addominali, diarrea, o – al contrario – stipsi persistente, meteorismo, flatulenza, bruciore di stomaco, nausea e sensazione di disagio generale. Purtroppo, trattandosi di una sindrome, l’IBS è un disturbo dal quale non si può guarire completamente.

Recentemente, però, un team di studiosi della Monash University in Australia è riuscito ad identificare le cause dei sintomi dell’IBS e ad elaborare un approccio efficace per la gestione dei sintomi nei pazienti con IBS: la dieta Low FODMAP.

FODMAP sta per “Fermentable Oligosaccharides, Monosaccharides, Disaccharides and Polyol”, in italiano “Oligosaccaridi, Disaccaridi e Monosaccaridi Fermentabili e Polioli”.

I FODMAP sono, dunque, carboidrati/zuccheri a catena corta, che in alcune persone vengono difficilmente assorbiti nel tratto gastro-intestinale e provocano i maggiori sintomi dell’IBS:

  • I FODMAPs vengono facilmente fermentati dai batteri dell’intestino, contribuendo alla produzione di gas e causando gonfiore, tensione addominale, crampi.
  • I FODMAPs , hanno proprietà altamente osmotiche, richiamano acqua nell’intestino, alterando così la velocità dei movimenti intestinali e provocando stipsi, diarrea o una combinazione di entrambi.

Vediamo quali sono questi carboidrati e dove si trovano:

Oligosaccaridi
Fruttani e Galatto-oligosaccaridi (GOS): i primi si trovano principalmente nel grano, nella segale, nella cipolla e nell’aglio, mentre i GOS si trovano nei legumi.

Disaccaridi
Lattosio: latte e derivati (eccetto alcuni formaggi stagionati come il Parmigiano).

Monosaccaridi
Fruttosio: si trova in eccesso rispetto al glucosio in alcuni tipi di frutta come il cocomero, la mela, la pera e in alcuni dolcificanti, come il miele.

Polioli
Sorbitolo, mannitolo, maltitolo, xilitolo etc.: si trovano in alcuni tipi di frutta (come l’albicocca, la prugna e le pesche) e verdura (come i funghi). Inoltre, vengono spesso usati come dolcificanti dall’industria alimentare.

Come funziona una dieta low FODMAP?
La dieta low FODMAP non prevede la totale eliminazione degli alimenti sopracitati, se non per un periodo limitato di tempo (2/3 settimane) chiamato fase di eliminazione. Durante questa fase, i cibi ad alto contenuto di FODMAP vengono eliminati dall’alimentazione per essere poi reintrodotti a gruppi. Questo procedimento permette di identificare quali sono le maggiori cause che scatenano i sintomi dell’IBS.
Ricorda anche che i FODMAP hanno un effetto cumulativo sull’organismo: è possibile non sentirsi male dopo l’assunzione di un singolo alimento contenete FODMAP, ma solo dopo aver consumato, nel corso della giornata, diversi alimenti high FODMAP (ad alto contenuto di FODMAP).
Alla fase di reintroduzione, seguirà quella di mantenimento. Durante questa fase, dovresti avere un’idea più o meno chiara di quali gruppi di FODMAP o singoli alimenti puoi mangiare senza problemi, quali con moderazione e quali invece dovresti evitare. Cercherai quindi di rendere la tua dieta più varia possibile, facendo però attenzione a non tornare alla situazione di partenza.

I falsi miti – Parte 2

Continuiamo a parlare dei falsi miti a tavola (se ti sei perso la prima parte, vai qui)

Si può mangiare frutta a volontà? FALSO!

Le porzioni di frutta al giorno devono essere 3-4, rappresentando così un ottimo spuntino di metà mattina e pomeriggio, ma perfetta anche a colazione o come completamento di un pasto leggero. Ma attenzione agli zuccheri contenuti nella frutta, se consumata in eccesso fa anch’essa ingrassare.

Pane e pasta fanno ingrassare? FALSO!
I carboidrati complessi (pane, pasta, riso) devono rappresentare il 55-60%.. preferendo se possibile quelli integrali! Quelli da limitare sono gli zuccheri semplici (al max 15%), cioè lo zucchero da tavola, dolciumi, bevande gassate, etc.
Un attenzione particolare va data al pasto in cui vengono assunti: preferibilmente pasta e pane vanno mangiati nella prima parte della giornata.. colazione e pranzo, limitandone l’uso invece a cena, dopo la quale difficilmente verranno bruciati e più facilmente convertiti in grassi, che vengono immagazzinati! Fate attenzione al carico glicemico del vostro pasto.. lo potete ridurre associando una piccola porzione del vostro carboidrato complesso (cereali integrali soprattutto..) con le fibre della verdura, le proteine magre di carne, pesce, formaggi magri o uova ed i grassi buoni.

Esistono i cibi “brucia-grassi”? FALSO!
Il più famoso è di sicuro l’ananas .. certo, può venir consigliato nelle diete, essenzialmente perchè trattasi di un frutto ipocalorico (circa 40 kcal/100 gr), ma non fa nessun miracolo contro i grassi.
Questo frutto è ricco di una sostanza proteolitica, detta Bromelina  (contenuta soprattutto nel gambo) che, stimolando la produzione dei succhi gastrici, favorisce la digestione, oltre ad avere proprietà antinfiammatorie ed antiedematose.
Si tratta di un ottimo frutto, ma non fa dimagrire. Inutile, dopo un pasto luculliano, mangiarsi una fetta d’ananas sperando sia la panacea di tutti i mali!

Intolleranza al glutine

Il glutine è una sostanza lipo-proteica che si trova nei cereali quali frumento, farro, segale, kamut, orzo e avena.
L’intolleranza al glutine, detta anche celiachia, è permanente e può essere diagnostica a qualunque età. Se la persona affetta consuma alimenti con glutine, si generano gravi danni alla mucosa intestinale, tra cui l’atrofia dei villi, con riduzione della capacità di assorbire i nutrienti essenziali, quali grassi, glucidi, proteine, vitamine.
I sintomi includono diarrea, debolezza seguente alla perdita di peso, irritabilità e crampi addominali. Nei bambini, possono manifestarsi sintomi di malnutrizione ed una crescita insufficiente.
La dieta senza glutine, condotta con rigore, è l’unica terapia che garantisce al celiaco un perfetto stato di salute, in quanto l’intestino si ripara gradualmente ed i sintomi scompaiono.

Un’intolleranza alimentare può determinare un aumento di peso?
Le intolleranze alimentari sono reazioni avverse conseguenti all’ingestione di un determinato cibo, prodotte da numerose cause di svariata natura e sono dose dipendenti: la reazione avviene quando “si accumula”.

Proprio perchè va tanto di moda c’è chi cerca di attirare l’attenzione e fare da specchietto per le allodole e sostiene che un’intolleranza alimentare possa determinare un aumento di peso. La reazione avversa ripetuta nel tempo dà luogo a fenomeni di tipo infiammatorio che possono favorire l’insorgere di insulino-resistenza, peggiorare l’utilizzo dei nutrienti energetici e facilitare l’aumento di peso.

La dieta per l’intolleranza è sostanzialmente una dieta di esclusione: certo se ci pensate, posso eliminare gli alimenti incriminati, ma magari trovarmi a mangiare liberamente tante altre schifezze.. zuccheri e grassi industriali in eccesso, o potrebbe esagerare con i cibi consentiti, mangiando al di sopra del proprio fabbisogno. Peccato che anche i due comportamenti presi ad esempio possano determinare fenomeni di tipo infiammatorio, come molti altri ancora.

Può dunque una dieta che prenda in considerazione un solo e limitato aspetto far dimagrire?
Spesso si notano perdite di peso consistenti con l’eliminazione di interi gruppi di alimenti, come i latticini che apportano tanti grassi saturi, o i farinacei che apportano parecchie calorie per porzione.. e spesso non ci si preoccupa di sostituirli in modo accurato.
Il corretto approccio alla perdita di peso deve sempre partire dalla correzione di quegli aspetti che in modo conclamato fanno ingrassare: alimentazione quantitativamente eccessiva, qualitativamente squilibrata, carente o inadeguata, mancanza di movimento, comportamenti alimentari disfunzionali (saltare i pasti, distribuirli in modo scorretto, mangiare distrattamente o in fretta, etc.).
Le intolleranze alimentari invece vanno valutate solo a posteriori, e non tanto per ottenere un dimagrimento, ma per migliorare la qualità di vita: manifestazioni comuni di intolleranza alimentare, infatti, sono nausea, meteorismo, diarrea, cefalea, sonnolenza, reazioni cutanee, riniti, ritenzione di liquidi. Non sono celiaco, non ho intolleranze dimostrate nè altre patologie gastrointestinali, ma soffro di disturbi a carico di questi organi (gonfiore, flatulenza, dispepsia, diarrea, meteorismo, etc)?
Negli ultimi anni sempre più persone rientrano in questa categoria e, sempre più spesso, si sente parlare di ipersensibilità al glutine (gluten/wheat – sensitivity).
La reattività al glutine – non celiaca – è sempre più protagonista di studi scientifici e ricerche proprio per rispondere alla grande necessità di comprensione di questo fenomeno.
Non esiste, come abbiamo già detto, un valido e sensibile test che possa definirmi “sensibile al glutine”, bisogna ricostruire la storia del paziente, indagarne i sintomi, i disturbi, le abitudini alimentari e di stile di vita oltre all’esecuzione di esami clinici specifici (sangue e feci).
Molto spesso, con l’anamnesi alimentari si individuano anche altri alimenti che generano gli stessi disturbi oltre al glutine… scoprendo uno stato di infiammazione “diffuso” che porta il fisico a reagire quando si consumano alimenti “maggiormente infiammatori” o “più acidi o acidificanti”

Intolleranza al lattosio

Il lattosio è uno zucchero complesso che si trova nel latte, quindi anche nei suoi derivati e nei prodotti a base di siero del latte. Nell’intestino tenue è presente l’enzima lattasi che scinde il lattosio, uno zucchero complesso, in zuccheri semplici, quali glucosio e galattosio che il nostro intestino è in grado di assorbire, cioè far entrare in circolo.
L’intolleranza è l’incapacità dell’intestino a scindere il lattosio, a causa di una ridotta attività enzimatica, così il lattosio finisce nell’intestino crasso dove viene fermentato dai batteri residenti, causando dolori intestinali, flatulenza e diarrea.
La carenza di lattasi è un fenomeno piuttosto comune, soprattutto tra le etnie non europee, le popolazione del Medioriente ed India. La soglia di alimento assunto, tale da indurre sintomi è molto variabile da individuo ad individuo e può anche modificarsi nel tempo. L’unica cura è una dieta che escluda latte e derivati, con la possibilità di provare ad introdurre poi progressivamente quantità crescenti di lattosio.

Le in tolleranze alimentari

l tema delle Intolleranze alimentari negli ultimi anni sta diventando di gran moda, con test effettuati un po’ ovunque e spesso senza competenze, con un mercato in evoluzione ed un business milionario.
Ma cosa sono le intolleranze alimentari?


Non si tratta di una allergia tradizionale, definita come  “una reazione negativa al cibo”. Quest’ultima infatti, in molti casi, è provocata da intossicazioni microbiche o intolleranza ad un determinato ingrediente. L’allergia alimentare va ad attivare il sistema immunitario.

Che cosa succede?

Un “allergene” va ad innescare delle reazioni a catena del sistema immunitario, come la produzione di anticorpi che, rilasciando sostanze come l’istamina che  possono provocare diversi sintomi.

Le intolleranze alimentari invece non vanno ad innescare il sistema immunitario, anche se talvolta possono causare reazioni simili alle allergie, quali nausea, diarrea, crampi allo stomaco. Le intolleranze scientificamente accertate sono solo 2: al lattosio e al glutine.

I test che troviamo in giro,non hanno alcuna validità scientifica tanto che la Rivista di Immunologia e Allergologia Pediatrica ribadisce di non effettuare questi test in caso di sospetto di allergia alimentare. Nella “medicina convenzionale” esistono solo 2 test, ognuno specifico per un solo alimento (lattosio o glutine). Anche per questi due tipi di intolleranze, comunque, vanno usati i piedi di piombo evitando di proporle come soluzione di semplici malesseri di un soggetto.
Attenzione dunque a questi test così “disinvolti”, che chiameremo “non convenzionali”, che in alcuni casi più che scientifici sembrano a metà strada tra la stregoneria e la filosofia. Oltretutto, l’uso inappropriato di questi test aumenta la probabilità di falsi positivi, con la conseguenza di inutili restrizioni dietetiche ed una ridotta qualità della vita.

Cosa fare quando si sospetta di soffrire di un’intolleranza alimentare?
Innanzitutto rivolgetevi al vostro medico che, una volta esaminati i tipi e la frequenza dei sintomi, vedrà se prendere in considerazione l’ipotesi di intolleranza. In quel caso, seguirà un’anamnesi, anche familiare ed un test d’accertamento.

Come si individua una suscettibilità alimentare? ovvero quell’alimento o classe di alimenti ai quali non siamo intolleranti, ma la esclusione dalla dieta ci fa sentire meglio?

È importante sapere che queste pseudo-intolleranze alimentari sono prodotte da numerose cause di svariata natura, e questo è il motivo principale per cui non esiste a tutt’oggi un test che possa essere esaustivo nel suo responso, visto che ogni test considera un solo meccanismo d’azione, quindi il consiglio è quello di effettuare un’autoanamnesi guidata da un esperto di nutrizione.

I falsi miti

Saltare i pasti fa dimagrire? FALSO!
Quando non si mangia, il metabolismo rallenta. Il nostro fisico entra in una specie di “stato d’allarme” e in un certo senso va a risparmio e si prepara ad assimilare il più possibile tutto ciò che viene mangiato. E’ per questo motivo che dopo diete troppo restrittive e chili persi molti in fretta, si rischia di riprenderli tutti e con gli interessi.

I prodotti “light” fanno dimagrire? FALSO!
Di solito quando mancano i grassi, abbondano gli zuccheri.  Il rischio principale è di abusarne convinti di poterselo permettere.

Eliminare completamente i grassi fa bene? FALSO!
Sicuramente ne va tenuto sotto controllo il consumo, soprattutto per quelli animali, ma non vanno eliminati in quanto essenziali per l’assorbimento delle vitamine liposolubili! I grassi possono rappresentare il 25-30% delle calorie giornaliere.. preferendo sempre e comunque l’olio extra vergine d’oliva come condimento, oppure proveniente da semi oleosi (mandorle, noci, nocciole, arachidi, pistacchi, pinoli..) o semi di zucca, girasole e del pesce azzurro.

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Diamoci degli obiettivi

La mia professione è fatta di persone e delle loro quotidianità, con debolezze e fatiche, punti di forza da esaltare e capacità da rivalutare. Sento storie, raccolgo esperienze che mi fanno crescere come persona e come professionista! Ai miei pazienti lo dico sempre: “3 cose sono indispensabili in un percorso che conduca ad uno stile di vita sano: alimentazione, movimento e motivazione”. Per cercare di fare bene il mio lavoro e aiutarvi davvero, prima di tutto devo partire da questo: dalla motivazione.
Vorrei avere sempre la capacità di indurvi a credere che, se lo desiderale, potete fare qualsiasi cosa, di farvi sentire invincibili e inarrestabili.. Vorrei esserci quando quella scatola dei biscotti sembra chiamare il vostro nome o quando le patatine in sacchetto sono l’unico pensiero che avete in testa…quando volete solamente masticare e riempirvi la pancia, non importa di cosa e come, basta saziare un vuoto che avete dentro! In questi istanti vorrei essere lì per dirti:

“tu puoi resistere!”, sei e sai fare molto di più che resistere a queste piccole stupide tentazioni!!